UNA PERDITA DI TEMPO
Ho pensato
che scrivere sia una perdita di tempo.
Non intendo dire che sia un'attività priva di utilità o che non abbia
una sua funzione, sia per il singolo che per la collettività. Ma nel
senso che non può raggiungere mai quello che si prefigge. Perde il tempo,
lo insegue, ma non lo agguanta mai, non riesce mai ad afferrarlo.
Narrando, il tempo della vita viene o compresso oppure dilatato. Viene
spezzettato o a volte viene fatto esplodere, per chi ci riesce, come
se si potesse usare il linguaggio senza la coordinata X.
Sarebbe straordinario riuscire a scrivere qualcosa, qualunque cosa,
in cui il tempo che sta vivendo il lettore e quello che sta vivendo
il protagonista o la voce narrante siano o stiano scorrendo alla stessa
velocità. Ci sono esempi, tentativi quasi vicini alla vittoria. Quasi.
Ma le parole sono più lente della luce e della materia.
Questo scarto io lo avverto in alcuni momenti lacerante. Sicuramente
riesce a privare di senso molte delle cose di cui mi circondo, quasi
quasi mi viene pure un po' il vomito. Un pochino.
La scrittura come macchina da presa, videocamera in spalla è un tentativo
che adesso sto immaginando può funzionare solo se le parole si fanno
ombre. Minimali. Filigrana.
Nell'Ulisse di Joyce questo avviene. Non continuamente; si verifica
a tratti, penso perché altrimenti sarebbe un'opera immonda, inumana,
ma anche perché immagino che lo scrittore ne fosse consapevole e abbia
anche voluto manifestare proprio la differenza.
Grazie a Gian Paolo Guerini che riesce sempre a distrarmi da me stessa.
(Agata Spinelli)
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